Perchè io?

Il mito della felicità naturale

"Perché io?" è un grido dell'umano ma anche e soprattutto una domanda trabocchetto: pone le basi della caduta nel circolo vizioso di auto-deprecazione, portandoci a giudicarci negativamente e a pensare di non essere degni di felicità, confrontandoci negativamente con gli altri. 

È una domanda comune, ma per noi dovrebbe fungere anche da campanello d'allarme. Questo interrogativo è connesso al mito della felicità naturale, che sostiene che gli esseri umani sono naturalmente predisposti alla felicità. Tuttavia, nella realtà quotidiana affrontiamo difficoltà e fallimenti ma non ci rendiamo conto che esiste comunque la possibilità di essere felici ciò nonostante. Al contrario, ciò può renderci infelici perché le difficoltà diventano il nostro giudizio finale su di noi stessi. 

Prova a fare il seguente esercizio: 

  1. Prendi un foglio e annota alcune delle difficoltà che stai attraversando.
  2. Poi, rifletti su quanto queste difficoltà siano comuni e condivise da coloro che conosci. Accanto ad ogni difficoltà, attribuisci un numero da 1 a 10 per indicare il grado di normalità di ciascuna (10 = ammissione della normalità della difficoltà – della condivisione).
  3. Se ti capitasse di assegnare quasi sempre numeri bassi, potrebbe essere necessario cambiare prospettiva. Tutte le persone intorno a noi vivono sfide simili, anche se non sempre lo manifestano apertamente.

 Bisogna sfatare dunque il mito: la felicità non è la condizione naturale degli esseri umani dato che tutti vanno incontro a difficoltà, problematiche, stress, ansia e altro ancora. Dal punto di vista della ricerca scientifica e sociologica è vero invece il contrario: 

  • l'ansia è una risposta naturale dell'organismo situazione di difficoltà.
  • Il dolore è una risposta naturale con la sua funzione precisa.
  • Gli esseri umani si trovano a vivere in complessi contesti sociali in cui sono sottoposte continue pressioni, …
  • … e così via.

Se la felicità  si limita al "vivere esenti da difficoltà" allora scopriamo che non è la condizione naturale degli esseri umani; ciò non implica però di doversi arrendersi all'infelicità. Ciò ci deve invece portare a riflettere su come l'infelicità possa essere affrontata per migliorare la propria situazione di vita.

Maturità e autostima

A questo punto siamo consapevoli del fatto che la felicità, definita come abbiamo visto in precedenza, non è la condizione naturale degli esseri umani. Tutti si trovano a vivere difficoltà problematiche. Come mi aiuta questa presa di coscienza?

Accettare le difficoltà aiuta innanzitutto a rivalutare la propria persona e la propria condizione attuale. Aiuta quindi nel processo di costruzione dell'autostima.

L'autostima comincia dall'accettazione. Autostima non significa: “incrollabile fiducia nelle proprie capacità, ma significa capacità di accettare la vita con maturità psicologica ed emotiva.” Poniamoci le seguenti domande: 

  • Siamo in grado di accettare il fatto di vivere un momento di difficoltà?
  • Siamo in grado di accettare il fatto di doverci ancora sviluppare e crescere come individui?

Se siamo coscienti di queste “dimensioni” allora abbiamo già acquisito una certa maturità psicologica ed emotiva. Questo semplice principio dovrebbe in linea di massima accrescere la considerazione che abbiamo di noi stessi.

Proposta di verifica: su un foglio scrivi tutte le cose di cui dovresti essere soddisfatto ma che tendi a non considerare. --> Queste cose potrebbero essere il fatto di avere una laurea, il fatto di avere un lavoro, il fatto di avere una famiglia più, il fatto di reputarsi una persona onesta, eccetera. Ma anche cose più semplici apparentemente banali possono essere prese in considerazione.

Bibliografia: Bianchi Giulia, Psicologia positiva - come gestire i pensieri negativi, fermare le ansie e vivere la vita con gioia e autostima, Torrazza Piemonte, Amazon Italia Logistica Srl, 2003 

Articolo pubblicato l'8 febbraio 2024